Anbamed, notizie dal Sud Est del Mediterraneo
(testata giornalistica. Direttore responsabile: Federico Pedrocchi)
5 ottobre 2022.
Rassegna anno III/n. 273
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Le vignette sono QUI
Sono passati sette mesi e 10 giorni di guerra russa in Ucraina.
Alaa Abdel Fattah ha iniziato lo sciopero della fame il 2 aprile, nel carcere egiziano di Wadi Natroun. Sono passati sei mesi e il regime di Al-Sissi è sordo agli appelli e nelle cancellerie internazionali prevale l’insensibilità. In Italia dal 28 maggio è in corso un digiuno solidale a staffetta per chiedere la sua liberazione.
Oggi mercoledì 5 ottobre digiuna di nuovo Tatiana Cappucci, attivista del gruppo territoriale di Latina di Refugees Welcome Italia.
Appello della redazione di Anbamed ai lettori ed ascoltatori di aderire alla staffetta solidale di sciopero della fame per un giorno. Urge una vostra adesione.
Per maggiori info: http://www.invisiblearabs.com
Lo scorso 30 giugno, Anbamed ha spento la seconda candelina. Due anni fa è iniziata questa maratona dell’informazione quotidiana sul Grande Vicino Oriente. Puntuale, completa e senza interruzioni. Agli abbonati del 2022 andranno due quadri donati da Silvia Lotti e Giuseppe Di Giacinto.
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I titoli
Palestina Occupata: Chiusura totale di Cisgiordania e Gaza per la giornata ebraica del Yum Kippur.
Iraq-Kurdistan: L’Iran bombarda il Kurdistan iracheno.
Libano: Nuovi assalti individuali armati dei correntisti nelle filiali bancarie.
Yemen: La tregua non è stata prolungata e si rischia il ritorno alle armi.
Iran: La dura repressione ha costretto il movimento a inventare nuove forme di protesta.
Le notizie
Palestina Occupata
Per la giornata del Kippur, l’esercito di occupazione ha imposto la chiusura ermetica della Cisgiordania e Gaza. 26 unità militari sono state messe in stato di allerta. Per la festività ebraica, centinaia di coloni hanno profanato la moschea di A-Aqsa scortati da agenti armati. La chiusura dei territori palestinesi continuerà fino all’alba di domani giovedì. L’esercito israeliano ha denunciato che a Ofer, una colonia ebraica a nord di Ramallah, è stato ferito con un colpo di arma da fuoco un soldato impegnato in un posto di blocco. L’autorità nazionale palestinese ha affermato che i soldati di Tel Aviv hanno sparato contro un’auto ferendo l’autista palestinese ed hanno impedito i soccorsi prima di arrestarlo. L’agenzia Wafa sostiene che lo sparo che ha ferito il soldato è fuoco amico, una pallottola partita per errore da un altro soldato e il caso è stato usato per coprire il mancato soccorso al ferito palestinese, che non era armato.
Iraq-Kurdistan
Malgrado le proteste di Baghdad, l’Iran ha preso di mira di nuovo il Kurdistan con il lancio di missili e droni. La zona colpita si trova nelle montagne a nord est di Erbil, capoluogo della regione. Sei droni armati e lanci di artiglieria e missili terra-terra hanno colpito la zona, dove si trovano campi profughi di curdi iraniani fuggiti alla repressine del regime degli ayatollah. Il pretesto di Teheran è la presenza di partiti iraniani all’interno di questi campi, che “minano la sicurezza dei confini dell’Iran”. Secondo la stampa iraniana nell’ultimo mese sono stati almeno 70 i missili e droni lanciati contro questa regione, in seguito alla morte di Mahsa Amini. Quello che preoccupa Teheran è l’attività di informazione che la comunità curda iraniana compie per denunciare i crimini della polizia contro la popolazione.
Libano
Tornano in Libano i tentativi, a mano armata, di riscuotere i propri risparmi dalle banche. Nella sola giornata di ieri ne sono stati messe a segno ben 4 azioni violente per ritirare somme depositate, ma bloccate per decisione del sistema bancario a causa della crisi finanziaria ed economica del paese. Lo scorso mese sono avvenuti 7 casi simili e le banche avevano deciso una serrata, ma il governo le ha costrette alla riapertura, predisponendo una forte sorveglianza all’ingresso delle filiali.
Yemen
A tre giorni dalla scadenza della tregua, non è stato possibile per i mediatori dell’ONU raggiungere un nuovo accordo per prolungarla di altri due mesi. La tregua è stata raggiunta il 2 aprile e poi è stata prolungata per altri due periodi, di due mesi ciascuno. Sei mesi di cessazioni delle ostilità che hanno permesso ad una parte della popolazione di ritornare alle proprie case, ma soprattutto ha salvato vite umane dalla morte sotto le bombe. I mediatori internazionali però non sono riusciti a convincere le parti a sedersi attorno al tavolo del negoziato per trovare una soluzione politica. I ribelli Houthi, sostenuti dall’Iran, si sentono forti e cominciano a dettare le condizioni: per rinnovare la tregua chiedono che riprenda il pagamento degli stipendi per i loro dipendenti, da parte del governo esiliato ad Aden e sostenuto da sauditi ed emiratini. La guerra in Yemen è una guerra per procura e finché non saranno ristabiliti i rapporti diplomatici normali tra Riad e Teheran, nel paese martoriato non ci sarà pace.
Iran
La dura repressione ha affievolito le proteste ma non le ha soffocate. Nelle università di Teheran e Mashad si sono avute ieri cortei che rivendicavano la liberazione degli studenti arrestati. Uso delle armi da guerra e arresti hanno indotto la gente ad improvvisare nuove forme di protesta. Dai balconi gli abitanti di interi quartieri si organizzano a gridare slogan contro la dittatura o trasmettere con gli altoparlanti canzoni di protesta. Un’atra forma organizzata di protesta è il suono dei clacson all’unisono in cortei improvvisati di auto. Secondo un’organizzazione in difesa dei diritti umani iraniana, nella repressione di queste tre settimane, sono state uccise 154 vittime, 66 delle quali nella sola città di Zahedan, nel Belucistan, dov’era avvenuto un assalto armato contro un commissariato di polizia da parte di un gruppo autonomista.
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