Anbamed, notizie dal Sud Est del Mediterraneo
(testata giornalistica. Direttore responsabile: Federico Pedrocchi)
18 dicembre 2022.
Rassegna anno III/n. 347
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I titoli:
Siria: I bombardamenti turchi hanno ucciso un bambino e ferito altri a Tall Abiyad.
Iran: Arrestato l’avvocato delle giornaliste che avevano rivelato la morte di Mahsa Amini.
Israele: Agenti del Mossad a processo a Kuala Lumpur, per un fallito sequestro di ricercatori palestinesi.
Palestina Occupata: Funerali di un agente della polizia palestinese ucciso dai soldati israeliani ad ottobre. Il suo corpo è stato sequestrato per 2 mesi.
Giordania: Arrestati 44 persone in relazione ai disordini dove è stato ucciso con un colpo in testa un alto ufficiale della polizia.
Tunisia: Affluenza alle urne inesistente: 8,8%. L’opposizione chiede le dimissioni del presidente Saied.
Egitto: Il FMI concede un prestito di 3 miliardi di dollari.
Le notizie
Siria
Weisi Muhammad Weissi, 12 anni, è stato ucciso e altri feriti a causa dell’attacco turco con droni nella località di Tall Abiyad, nella provincia di Raqqa, al confine con la Turchia. Caccia e artiglieria hanno colpito in diverse località della provincia di Hasaka e ancora più ad ovest sulla linea del fronte terrestre tra le truppe di Ankara e milizie affiliate e le forze curde e quelle governative, nella provincia di Aleppo. Particolarmente è stata presa di mira la zona rurale attorno alla città simbolo di Kobane.
Iran
L’avvocato Mohammed Alì Kamfirouzi è stato arrestato mercoledì scorso. Lo ha comunicato ieri suo fratello. Kamfirouzi è il legale delle due giornaliste Niloofar Hamidi (30 anni, fotografa) e Ilahe Mohammadi (34 anni, redattrice del giornale progressista Sharq), che avevano reso pubblico il caso di Mahsa Amini e che sono tuttora in carcere dal settembre scorso.
“L’arresto di Kamfirouzi è avvenuto senza nessun avviso di comparizione, senza accuse e fuori da ogni procedura legale”, ha affermato il suo legale difensore. Sono 25 gli avvocati arrestati in Iran dallo scorso settembre per il solo fatto di difendere le vittime della repressione degli ayatollah.
Nel carcere di Karaj è in corso una rivolta dei detenuti contro il trasferimento dei condannati a morte. Tra questi, il detenuto politico Saeed Iqbali ha iniziato uno sciopero della fame. I pasdaran hanno fatto arrivare rinforzi per costringere i detenuti a tornare in cella. I familiari dei detenuti sono in apprensione e da 24 ore sono in attesa davanti al carcere per avere informazioni sulla situazione, ma vengono tenuti all’oscuro.
Israele
Si è tenuta ieri a Kuala Lumpur, in Malesia, la seconda udienza degli agenti del Mossad, accusati di un fallito sequestro di due ricercatori palestinesi. Il processo è stato rinviato a gennaio 2023. La vicenda risale allo scorso settembre ed è stata resa nota all’apertura del processo in ottobre. Ecco come la notizia è stata riportata dalla stampa israeliana: QUI (in inglese)
La stampa della Malaysia ha dato molto spazio alla vicenda perché le persone implicate come agenti sono in prevalenza cittadini locali. Un altro motivo di interesse è il fragoroso fallimento, dopo una serie di azioni precedenti del Mossad andate in porto nel paese asiatico.
La Malaysia è un paese a maggioranza musulmana e simpatizzante della causa palestinese. Israele non ha una rappresentanza diplomatica a Kuala Lumpur. I suoi agenti sono scelti tra persone locali. Secondo un leader dell’opposizione, il Mossad ha affiliato alcuni alti ufficiali della polizia. Ma il governo ha respinto le accuse.
Tra gli imputati figura la capa della cellula, una donna malesiana che lavora in una società investigativa privata. Si chiama Nedarahayo Zainal (34 anni). La donna guida un gruppo di agenti tutti locali costituito da 12 persone.
L’errore fatale dell’operazione è stato quello di affidare ad un gruppo di malavitosi il sequestro di un palestinese ritenuto legato a Hamas e che farebbe parte di un gruppo di ingegneri informatici, che stanno sostituendo Al-Batsh, assassinato a Kuala Lumpur nel 2018.
Il gruppo è riuscito a catturare uno dei palestinesi e l’altro lasciato libero. I quattro sequestratori hanno preso la persona sbagliata e lasciato libero quello cercato. Il gruppo non ha preso le precauzioni necessarie: camuffare le targhe, coprire il viso, non usare i cellulari.
Non solo, ma l’avidità li ha convinti a chiedere di più. Il gruppo di malavitosi, venuto a conoscenza che la cosa era seria, ha cominciato ad alzare la posta in gioco chiedendo un compenso più alto.
Dato l’allarme alla polizia, non è stato difficile individuare la villetta dove hanno portato il malcapitato. La polizia ha fatto irruzione nel momento nel quale un agente israeliano lo stava interrogando in video conferenza.
Palestina Occupata
A Birzeit, in Cisgiordania, si sono svolti i funerali di Salama Sharae’a, un agente della polizia palestinese ucciso dalle truppe di occupazione israeliane ad un posto di blocco lo scorso ottobre. In quell’esecuzione di piazza sono stati uccisi due palestinesi e ferito un terzo, mentre erano su un’auto che è stata crivellata di proiettili. I corpi delle vittime sono stati sequestrati dall’esercito israeliano, in una violazione di tutte le leggi internazionali.
A Salfit, sud di Nablus, i coloni hanno fatto una nuova incursione, la seconda in due giorni consecutivi, per sradicare ulivi nei terreni di contadini palestinesi da annettere alle colonie che circondano la cittadina. Un contadino ha denunciato la perdita di 39 alberi, un altro 12 e un terzo 20. L’albero di ulivo è la fonte di reddito e, nello stesso tempo, il simbolo della resistenza dei contadini palestinesi sulla loro terra, minacciata di confisca militare. In ogni stagione del raccolto, i coloni si accaniscono indisturbati, qualche volta spalleggiati dai soldati.
Un altro aspetto della tragedia permanente dei palestinesi è quello delle demolizioni delle case da parte dell’esercito di occupazione, con mille pretesti: mancanza di autorizzazioni che non vengono mai concesse, zona militare, piani regolatori delle colonie, ecc… Il caso eclatante è il villaggio di Duma, a sud di Nablus. Nel piccolo villaggio (3.500 abitanti), l’esercito israeliano minaccia di demolire 150 case. A questi tentativi di deportazione forzata, si aggiungono le incursioni dei coloni, che aggrediscono i contadini e bruciano le loro case. Nella memora collettiva degli abitanti di Dura è ancora presente quello che loro chiamano l’olocausto della famiglia Dawabshe: sette anni fa un’intera famiglia è stata annientata nel rogo della loro casa incendiata dai coloni. Nessun israeliano ha mai pagato per quel crimine.
Giordania
Le forze di scurezza hanno arrestato 44 persone in relazione ai disordini che hanno accompagnato le manifestazioni pacifiche e gli scioperi contro l’aumento dei prezzi dei carburanti. Non sono stati individuati invece gli assassini dell’alto ufficiale della polizia di Maan, colpito da una pallottola in testa nella città di Husseinia, a sud della capitale. La cittadina è di fatto militarizzata e gli inquirenti stanno vagliando le immagini delle camere di sorveglianza oltre ad interrogare tutti gli organizzatori della protesta e gli elementi legati alla cerchia islamista. Alcuni siti social sono stati oscurati e gli account che hanno pubblicato inviti alla volenza sono sotto monitoraggio, per arrestare i proprietari.
Tunisia
Una debacle senza precedenti. Dei 9 milioni di aventi diritto al voto, sono andati alle urne soltanto 804 mila elettori, l’8,8%. Molto meno degli elettori al referendum costituzionale che avevano sfiorato il 25%. Un fallimento che non lascerà indenne la reputazione politica del presidente Saied che ha sfidato tutti, partiti, sindacati, magistratura, stampa e associazioni della società civile nel nome del popolo per una lotta dura contro la corruzione. Tutti i partiti, anche quelli che avevano sostenuto le misure di Saied, adesso, chiedono le dimissioni del governo e dello stesso presidente della repubblica. Di fronte alla Tunisia si apre una nuova fase delicata che rischia di trascinare il paese nel fango della destabilizzazione come sono finite tutte le rivolte delle Primavere arabe, dalla Libia all’Egitto e dalla Siria allo Yemen.
Egitto
Il Fondo Monetario Internazionale ha approvato un prestito al Cairo per 3 miliardi di dollari. La decisione è arrivata dopo che il governo egiziano e la banca centrale hanno liberalizzato il cambio delle valute straniere rispetto alla lira egiziana, azione che ha segnato una consistente svalutazione della moneta locale e di conseguenza un innalzamento dei prezzi dei prodotti importati. A pagare i debiti accumulati saranno le classi meno abbienti.
Notizie dal mondo
Sono passati nove mesi e 23 giorni di guerra russa in Ucraina.
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